Importante vittoria dei legali di Consumitalia nei confronti di Società Autostrade per l’Italia S.p.A.

Nel 2016 un nostro associato si era rivolto agli sportelli di Consumitalia dopo aver ricevuto dalla Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V. (CE) un avviso ex art. 415 bis c.p.p. (avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari) - per violazione dell’art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta) -.

La pratica veniva seguita dai nostri legali territoriali competenti in materia: avv. Luca Sgueglia e avv. Aniello Di Fratta, entrambi del Foro di S. Maria C.V.

La vicenda

L’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari concerneva fatti indicati nella denuncia presentata dal procuratore speciale della società Autostrade per l’Italia S.p.A.

Ad avviso di quest’ultima, da una verifica dei tabulati gestionali, il conducente  dell’autovettura Mercedes tg. ********** di proprietà del sig. *********** nel lasso temporale intercorso tra agosto 2014 e marzo 2015 effettuava un totale di ben 77 transiti R.M.P.P. (rapporti di mancato pagamento del pedaggio) sulla rete autostradale omettendo di corrispondere il relativo pedaggio per l’importo complessivo di € 5.695,71 (in particolare lo stesso, dopo aver ritirato il tagliando al casello d’ingresso una volta giunto alle varie stazioni di uscita si accodava, in prossimità della stessa, agli automobilisti in transito presso le piste riservate al pagamento tramite telepass senza essere munito di tale mezzo elettronico di pagamento, riuscendo a superare la barriera prima dell’abbassamento della sbarra).

A seguito della denuncia veniva svolta l’attività di indagine. Per quanto sopra veniva identificato e contestato all’indagato il reato di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. 

Così ricostruita la vicenda, a parere dei legali di Consumitalia – avv.ti Aniello di Fratta e Luca Sgueglia - la condotta in contestazione non era penalmente perseguibile per mancanza di un elemento costitutivo del reato: lo stato d’insolvenza (le dichiarazione dei difensori: “ … il Codice Penale sanziona l’inadempimento - preordinato - posto in essere dal soggetto insolvibile, pertanto non sanziona il mero inadempimento contrattuale. La condotta contestata rientra nell’alveo dell’art. 176, comma 17 C.d.S.  - sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 398,00 a € 1.596,00 per chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale - “). 

Per quanto sopra e nei termini di legge, gli avv.ti Aniello di Fratta e Luca Sgueglia presentavano un’articolata memoria difensiva che dava impulso al PM nel formulare richiesta di archiviazione ex art. 408 c.p.p.

Successivamente il procuratore speciale della società Autostrade per l’Italia S.p.A. presentava opposizione alla  predetta archiviazione, per cui veniva fissata udienza in camera di consiglio in data 17.03.2017 presso il Tribunale di S. Maria C.V. dinanzi all’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari dott. ********.

All’esito dell’udienza camerale, letti gli atti del procedimento rigettava l’opposizione e disponeva l’archiviazione del procedimento.

Consumitalia si avvale di esperti che curano e si occupano di tematiche specifiche, quali la Giustizia Penale e Civile. La tutela e la difesa dei consumatori e degli utenti della strada è sostenuta attraverso le competenze professionali dei nostri rappresentanti. 

Congratulazioni per questo nuovo successo agli avv.ti Aniello Di fratta e Luca Sgueglia del team di Consumitalia.

 www.consumitalia.it

 

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ROTTAMAZIONE BIS - Le linee guida di Consumitalia

La nostra Associazione durante la prima rottamazione ha assistito ampiamente i contribuenti.

Ecco le novità dopo la conversione in legge del D.L. 148/2017.

Una delle maggiori novità è la riapertura della cd. rottamazione delle cartelle esattoriali, già introdotta lo scorso anno con il decreto fiscale 193/2016. 

Il decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2018 prevede:

- l'estensione della definizione agevolata dei carichi ai soggetti che sono decaduti dalla precedente edizione, evitando così di penalizzare con l’inefficacia della rottamazione stessa, i debitori che sono incorsi in errori, in disguidi o che non hanno versato le rate per tempo;

- la possibilità di rottamazione dei ruoli affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017;

- la possibilità di rottamare i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 a condizione che non siano stati oggetto della vecchia rottamazione 2016. La riammissione è estesa anche ai contribuenti che non erano stati ammessi alla rottamazione a causa del mancato pagamento di tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016 rientranti in piani di dilazione in essere al 24 ottobre 2016.

In sede di conversione del decreto legge è stata prevista una riammissione in termini per chi non aveva versato le rate 2017. Piu' nel dettaglio:

- i termini per il pagamento delle rate in scadenza nei mesi di luglio e settembre 2017 vengono dal decreto legge spostati al 30 novembre 2017, e successivamente in sede di conversione del decreto legge tale data è ulteriormente slittata al 7 dicembre, includendo oltre alle rate di luglio e settembre la terza rata in scadenza del 30 novembre;

- sempre relativamente ai piani di dilazione della prima rottamazione la quarta rata in scadenza il mese di aprile 2018 slitta al 31 luglio, resta ferma invece la scadenza della quinta e ultima rata fissata per il mese di settembre;

- per i carichi definibili compresi in piani di dilazione in corso alla data del 24 ottobre 2016, per i quali il debitore non è stato ammesso alla definizione agevolata per il mancato tempestivo pagamento di tutte le rate degli stessi piani scadute al 31 dicembre 2016, il medesimo debitore può accedere alla rottamazione provvedendo a: presentare entro il 15 maggio 2018  istanza  all’Agente della Riscossione; pagare le rate in un’unica soluzione entro il 31.07.2018 oppure in tre rate di pari importo pagate nei mesi di  ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019.

Nell’istanza il debitore deve indicare il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento delle somme.
Con la presentazione dell’istanza si producono gli effetti della rottamazione pertanto sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi che sono oggetto di rottamazione.

Per i carichi compresi in piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, per i quali non risultano pagate tutte le rate degli stessi piani scadute al 31 dicembre 2016 l’agente della riscossione comunica al debitore:

- entro il 30 giugno 2018, l’importo delle rate scadute al 31 dicembre 2016 e non pagate;

- entro il 30 settembre 2018, l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché delle relative rate e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

La definizione agevolata dei carichi pendenti, disciplina anche la rottamazione dei ruoli affidati agli agenti della riscossione dal 1°gennaio al 30 settembre 2017.  In questo caso il debitore deve manifestare all'Agente della riscossione la sua volontà di avvalersene rendendo un’apposita dichiarazione entro il 15 maggio 2018, con modalità esclusivamente telematiche.
Il pagamento delle somme dovute può essere effettuato in un numero massimo di cinque rate di uguale importo, da pagare, rispettivamente, nei mesi di:

- luglio 2018

- settembre 2018

- ottobre 2018

- novembre 2018

- febbraio 2019

L'agente della riscossione:
a) entro il 31 marzo 2018, invia al debitore, con posta ordinaria, l’avviso con i carichi affidati dal 01.01.2017 al 30.09.2017 per i quali alla data del 31 dicembre 2017 risulta non ancora notificata la cartella di pagamento;
b) entro il 30 giugno 2018, comunica al debitore l’ammontare complessivo delle somme dovute per la definizione, delle relative rate con le rispettive scadenze.

A seguito della presentazione della dichiarazione per i debiti relativi ai carichi, che ne sono oggetto e fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute per la definizione, è sospeso il pagamento dei versamenti rateali, scadenti in data successiva alla stessa presentazione e relativi a precedenti dilazioni in essere alla medesima data.

La facoltà di definizione agevolata può essere esercitata senza che risultino adempiuti i versamenti relativi ai piani rateali in essere.

Si ricorda che aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. 

Consumitalia - associazione di consumatori e' ben lieta di difendere i vostri diritti ed interessi.

Per avere informazioni dettagliate inviate una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure recatevi presso le nostre sedi territoriali.
Per la sede più vicina visitate il nostro sito www.consumitalia.it

Errata fatturazione: importante successo di Consumitalia nei confronti della Eni gas e luce S.p.A.

Errata fatturazione: importante successo di Consumitalia nei confronti della Eni gas e luce S.p.A.

Nel mese di gennaio 2017 un consumatore si è rivolto alla nostra associazione al fine di ottenere il rimborso delle somme pagate su fatture “stimate” e relative a consumi “fantasma”, in quanto calcolati su un contatore sostituito dall’anno 2011. Rappresentato e assistito dall'avv. Luca Sgueglia, specializzato nella tutela del consumatore, ha ottenuto un rimborso di oltre € 10.000,00 oltre lo storno della fattura inviate dalla società di distribuzione gas e relative al periodo successivo alla cessazione del contratto. 

La vicenda 

A seguito di controlli effettuati sulla posizione contabile della ******** e sulla fatturazione emessa nei confronti della stessa risultava che la società Eni S.p.A. si era resa responsabile di gravissime irregolarità: il contatore del gas con matricola nr. 009**** - associato al numero cliente 800 *** *** *** risultava infatti sostituito dall’anno 2011 con una lettura finale 21905 smc. Ciò nonostante la Eni S.p.A. aveva inverosimilmente continuato a fatturare alla ********** consumi “fantasma” fino all’inammissibile lettura di 40053 smc come risultava dalle fatture prodotte, nel mentre i consumi effettivi sul nuovo contatore erano pari a circa 5000 smc: pertanto veniva stimato in eccesso, a carico del consumatore, un consumo di circa 13.000 smc.

Che altresì alla fine dell’anno 2015 la ********* comunicava alla Eni S.p.A. la cessazione del proprio contratto. Tale comunicazione non veniva in alcun modo presa in considerazione e aggiornata dalla società di distribuzione. Pertanto la ******** si vedeva recapitare ulteriori fatture per consumi successivi alla cessata fornitura per un importo totale di circa € 1.000,00.

L'avvocato ha così commentato: “dai fatti sopradescritti emergevano gravi responsabilità e inadempienze della Eni S.p.A. che le portavano un ingiustificato arricchimento e vantaggio patrimoniale a discapito esclusivo della ******** che pertanto aveva pieno diritto ad essere indennizzata per tali fatti oltre ad essere rimborsata per le ingenti somme versate alla Eni S.p.A. e non dovute per consumi riportati su un contatore fantasma sostituito dall’anno 2011”.

A seguito dei reclami effettuati veniva dapprima promosso il procedimento obbligatorio di mediazione (che si chiudeva con esito negato per mancata comparizione della Eni S.p.A.); successivamente, alla luce del comportamento ostruzionistico assunto dalla società di distribuzione gas, l’avv. Luca Sgueglia promuoveva la causa innanzi all’Autorità competente.

Alla fine della vicenda venivano riconosciuti gli errori di fatturazione della Eni gas e luce S.p.A. e disposto un rimborso di oltre € 10.000,00 in favore della *******.

 L'ennesima vittoria ottenuta da Consumitalia è esplicativa della filosofia dell'associazione focalizzata sulla difesa del consumatore e sostenuta attraverso le competenze professionali dei propri rappresentanti.

 La missione di Consumitalia è quella di porsi come nuova forma di difesa di tutti i consumatori al fine di garantire il rispetto dei diritti individuali e collettivi, farli applicare e osservare.

 Consumitalia si avvale di esperti che curano e si occupano di tematiche specifiche per la difesa dei consumatori.

 Congratulazioni per questo nuovo successo all’avv. Luca Sgueglia fondatore della nostra associazione.

www.consumitalia.it

Antitrust: multe per 9 milioni di euro alle compagnie telefoniche per i contratti stipulati al telefono

Mano pesante dell'Agcom su Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali.

 

Una delle maggiori contestazioni l'aver attivato contratti durante il periodo di ripensamento

Nove milioni di euro di multa alle compagnie telefoniche che hanno attivato il contratto prima della scadenza dei 14 giorni del periodo di ripensamento del cliente.

Mano pesante dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha comminato alle principali compagnie telefoniche (Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali) sanzioni per complessivi 9 mln di euro. La motivazione è stata «aver adottato condotte illecite che violano le norme del codice del consumo di recepimento della consumer rights, nell'ambito della commercializzazione a distanza, online o al telefono, o fuori dei locali commerciali di servizi di telefonia fissa e/o mobile».  

La multa è arrivata per l'avvio da parte delle compagnie suddette del processo di attivazione della linea e/o di migrazione da altro operatore, nel corso del periodo di 14 giorni previsto per esercitare il diritto di recesso ("periodo di ripensamento") da parte dell'utente, senza acquisire un'espressa richiesta di attivazione del contratto da parte del consumatore. Secondo il codice del consumo è previsto che l'esecuzione del contratto durante il periodo di recesso sia sottratta alla sfera decisionale delle aziende e rimessa alla volontà del consumatore, il quale se interessato, dovrà farne espressa richiesta. In pratica, l'obiettivo è evitare che la conclusione del contratto possa realizzarsi senza la chiara volontà del consumatore.

 

Compagnie telefoniche: le tre condotte illecite

Sono tre le condotte illecite rilevate dall'Antitrust messe in atto dagli operatori telefonici.

Intanto «l'assenza dell'informativa richiesta dal codice del consumo, nel sito web e nelle condizioni generali di contratto, sia in merito al regime dei costi praticato nel caso di esecuzione anticipata del contratto e di successivo recesso del consumatore, sia in merito alla circostanza che eventuali costi sono dovuti solo nel caso in cui l'anticipazione sia stata espressamente richiesta dal consumatore». 

In secondo luogo, «la conclusione di contratti online, al telefono o fuori dei locali commerciali procedendo all'avvio delle c.d. procedure di provisioning di attivazione di una nuova linea fissa o di migrazione da altro operatore in assenza dell'autonoma richiesta esplicita del consumatore prevista dalla normativa e, in ogni caso, senza metterlo nella condizione di poter liberamente scegliere tale opzione e di poter concludere il contratto a distanza o fuori dei locali commerciali in assenza di tale volontà».

Infine «in caso di esercizio del diritto di ripensamento, l'addebito o la previsione di costi non dovuti in assenza della predetta informativa e/o della richiesta esplicita».

In particolare, nel caso di alcuni operatori, riferisce ancora l'Autorità, sono state accertate ulteriori condotte in violazione delle norme consumer rights. Per Tiscali la non conformità delle procedure di teleselling rispetto a quanto stabilito dalla disciplina. Per Wind e Fastweb, è stata rilevata l'illiceità di condotte essenzialmente consistenti nel non far decorrere il termine per l'esercizio del diritto di ripensamento dalla proposta.

Separazione: non rispettare gli orari di visita ai figli non è reato

Separazione: non rispettare gli orari di visita ai figli non è reato

Non integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, il comportamento del padre non convivente che interpreti con elasticità gli orari di visita dei figli minori, in regime di affidamento congiunto, stabiliti in sede di separazione consensuale. Tale atteggiamento viola solo le regole della "buona prassi", e non appare penalmente sanzionabile.
Lo ha stabilito il Tribunale di Ascoli Piceno, sezione penale, nella sentenza n. 641/2016 (qui sotto allegata). L'imputato, padre dei due bambini, conviventi con la madre, per i quali era stato disposto l'affidamento condiviso, era stato accusato di aver eluso il provvedimento emesso dal Tribunale relativamente alla separazione, non rispettando reiteratamente i tempi e modi di frequentazione previsti e omettendo di riconsegnare i piccoli alla madre nei tempi e modalità previsti.
 
Gli accordi di separazione consensuale omologati, evidenzia il giudice, prevedevano, tra l'altro, la facoltà per il padre di tenere i figli a settimane alterne sulla scorta di un calendario ovvero, al di là del calendario già concordato fra le parti, previo accordo tra i coniugi e tenuto conto delle esigenze scolastiche dei minori. Inoltre, si precisava che, ove il padre avesse voluto tenere con sé i figli anche dopo le ore 21.00 era suo dovere accompagnare i minori a scuola l'indomani mattina.
Sarebbero due gli episodi violativi denunciati ed emersi in sede dibattimentale a seguito dell'esame della persona offesa. Una prima volta, il padre avrebbe dovuto riaccompagnare i bambini a casa alle 21:00 ma questi, invece, venivano trattenuti presso la sua abitazione oltre l'orario per vedere una partita di calcio. La donna, chiedeva l'intervento di una pattuglia dei Carabinieri che, entrati nell'abitazione constatavano che i bambini erano tranquilli a guardare la TV. Per questo acconsentiva, infine, a lasciare che i bambini trascorressero la notte con il padre. 
Quanto al secondo episodio denunciato, il padre, come riferito dalla madre, pur dovendo tenere con sé i bambini dalle 18.30 alle 21.00, si era presentato in anticipo, alle 17.00 per l'esattezza, all'uscita di scuola e, nonostante l'opposizione verbale della madre, aveva comunque portato via il figlio minore. 
L'imputato nel corso del suo esame non ha negato quanto dichiarato dalla persona offesa, tuttavia, lo stesso ha riferito che, riguardo al primo dei fatti accaduti, quella sera aveva avvisato la ex moglie che avrebbero fatto tardi in quanto alla tv c'era una partita di calcio e i bambini l'avrebbero guardata con il padre. Quanto al secondo episodio, lo stesso riferiva di aver avvisato la madre dei suoi figli che sarebbe andato lui stesso a prendere i bambini all'uscita dalla scuola, anziché attendere. 
Fatte queste necessarie premesse, il giudice ritiene che l'imputato debba essere mandato assolto dall'accusa di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 comma 2 c.p.), così come prospettato. Infatti, evidenzia il Tribunale richiamandosi a diffusa giurisprudenza, ai fini dell'integrazione del reato di cui si discute, non è reputata sufficiente la mera inottemperanza o un semplice rifiuto di eseguire il provvedimento giudiziale, ma occorre un comportamento, commissivo o omissivo, diretto a frustrare o a impedire il risultato concreto cui tende il comando giudiziale.

Senz'altro, il comportamento del padre, per come emerso a dibattimento, denota una certa elasticità nei rapporti con la ex coniuge riguardo all'esercizio dei diritti di visita che pure gli competono, in quanto genitore affidatario dei minori. Tuttavia, tali comportamenti non sono da considerarsi "elusione" del provvedimento del giudice, punibile ex art. 388 c.p., ma mera violazione di "regole di buona prassi", non penalmente sanzionabile.
 
Tuttavia, soggiunge il Tribunale, le condotta può avere conseguenze civilistiche, ben potendo il genitore affidatario richiedere modifiche del provvedimento, qualora provi che l'iniziativa dell'altro genitore affidatario sia pregiudizievole per il minore.
 


Fonte: (www.StudioCataldi.it) 

Blocco del conto corrente: l’Agenzia Entrate provvede senza preavviso

 

Come Agenzia Entrate Riscossione pignora il conto corrente

La procedura del «pignoramento presso terzi» in caso di riscossione esattoriale segue regole diverse rispetto a quelle previste dal codice di procedura civile per i soggetti privati. Tutto si svolge senza un giudice e senza passare da un’udienza in tribunale. Le fasi del pignoramento sono le seguenti:

  • l’esattore – ossia Agenzia Entrate Riscossione – notifica al debitore e alla sua banca l’atto di pignoramento. Questa comunicazione deve avvenire non prima di 60 giorni dalla notifica della cartella, ma non oltre 1 anno (o 180 giorni nel caso di precedente notifica di una intimazione di pagamento); fuori da questi termini il pignoramento è nullo;
  • con l’atto di pignoramento il conto corrente viene bloccato per 60 giorni durante i quali la banca non può consentire al correntista di prelevare o stornare le somme pignorate;
  • se decorrono i 60 giorni senza che il contribuente abbia pagato il debito, la banca trasferisce i soldi sul conto corrente di Agenzia Entrate Riscossione.

In questi 60 giorni il contribuente può sbloccare il conto corrente pignorato optando per una delle tre seguenti soluzioni:

  • pagare integralmente il debito ossia le somme intimategli da Agenzia Entrate Riscossione;
  • chiedere la rateazione del debito: in tal caso il conto viene sbloccato solo alla dimostrazione del pagamento della prima rata;
  • proporre opposizione all’esecuzione e sperare che, alla prima udienza, il giudice sospenda l’esecuzione forzata (il che però lo farà solo in presenza di valide e gravi ragioni su cui è fondata l’opposizione stessa).
È possibile bloccare il conto corrente senza un preavviso ?

Le regole sul pignoramento del conto corrente non sono cambiate da quando la riscossione esattoriale è passata dalle mani di Equitalia a quelle di Agenzia Entrate Riscossione. Il che significa che, come in passato, il fisco può bloccare il conto corrente senza preavviso. L’unico preavviso – che dovrebbe mettere in allarme il contribuente – è la notifica della cartella di pagamento che, tuttavia, può essere effettuata sino a un anno prima dall’arrivo del pignoramento. Se, invece, al posto della cartella di pagamento, il fisco ha spedito una intimazione di pagamento (una sorta di sollecito che richiama, nel dettaglio, le cartelle già notificate prima) il termine entro cui eseguire il pignoramento è di 180 giorni. Entro tale (ampia) forbice temporale – che parte da quando il debitore riceve la cartella o l’intimazione – ogni momento è buono per subire non solo il pignoramento del conto corrente, ma anche quello dello stipendio, della pensione, della casa. Nulla tuttavia gli garantisce se e quando, con precisione, avverrà l’esecuzione forzata.

 
Il contribuente sa del blocco solo quando va a prelevare i soldi

A ciò si aggiunge un’altra particolarità che la legge non ha voluto precisare. La norma che impone ad Agenzia Entrate Riscossione di notificare il pignoramento del conto corrente tanto al debitore quanto alla banca non dice a chi dei due debba essere prima inviato. Tuttavia è solo dalla notifica all’istituto di credito che scatta l’effettivo blocco, ricevendo quest’ultimo l’ordine di non consentire alcun prelievo delle somme pignorate. Ora, se le due lettere possono partire nello stesso giorno, nulla toglie che invece vengano spedite in momenti diversi e a sapere del pignoramento sia prima la banca e solo dopo il correntista. Peraltro non c’è bisogno che la banca verifichi l’avvenuta comunicazione al debitore dell’atto di pignoramento perché il conto venga bloccato.

La conseguenza, a questo punto, risulterà lampante agli occhi di tutti: il contribuente che si recherà allo sportello della banca potrebbe sapere solo dall’impiegato che il suo conto è stato pignorato, non avendo ancora ricevuto la relativa notifica. Può sembrare una situazione kafkiana ma è la norma e, ad ammetterlo è stato il viceministro dell’Economia che, rispondendo a una interrogazione parlamentare, ha ammesso che la legge consente all’esattore di bloccare il conto corrente del contribuente prima ancora che questi lo sappia, notificando l’atto di pignoramento prima alla banca e solo in un momento successivo al diretto interessato. Con la conseguenza che, anziché venire a conoscenza del blocco con i normali metodi (ufficiale giudiziario, messo comunale o postino), il correntista potrebbe scoprirlo al momento in cui si reca al bancomat o allo sportello della propria banca per prelevare e, in quell’occasione, gli venga comunicata la decisione.

Insomma, mai come in questo caso il blocco del conto corrente cade come un fulmine a ciel sereno, magari proprio quando il padre di famiglia è andato a prelevare i soldi per pagare la retta scolastica dei figli, per fare la spesa della settimana. Non è ammessa alcuna eccezione neanche nei casi di particolare urgenza come, ad esempio, quelli in cui si debbano acquistare delle medicine o dei farmaci salvavita. E se poi, prima della notifica del pignoramento, è stato emesso (nella perfetta incoscienza dell’imminente “catastrofe”) un assegno, questo non potrà essere pagato e andrà protestato: il debitore risponderà quindi anche delle sanzioni irrorategli dalla Prefettura. Insomma, debiti su debiti, come spesso succede in queste situazioni. 

Il modo più semplice, rapido e indolore per sbloccare il conto corrente è chiedere una rateazione e di dimostrare il pagamento della prima rata, cosa che però non tutti potrebbero essere in grado di fare proprio per l’intervenuta indisponibilità dei risparmi.

L’eccezione per dipendenti e pensionati

A questa disciplina la legge ha posto parziale rimedio solo in favore di pensionati e lavoratori dipendenti. Per questi ultimi il pignoramento del conto corrente che serve da appoggio per il versamento dello stipendio o della pensione non può mai essere integrale ma riguarda le somme eventualmente eccedenti il triplo dell’assegno sociale, ossia 1.345,56 euro. Quindi se sul conto c’è un deposito inferiore a tale somma esso non potrà essere toccato e il papà potrà prendere i soldi per andare al supermercato; se invece nel conto c’è una somma superiore, Agenzia Entrate Riscossione può bloccare solo la parte che eccede detto limite. Ad esempio, se il saldo del conto è di 10mila euro, il fisco può bloccare 10.000-1345,56 euro, ossia 8.654,44 euro.

Invece per tutti gli altri conti correnti, come ad esempio quelli di lavoro autonomo, di professionisti o anche di dipendenti su cui però confluiscono altri guadagni (ad esempio canoni di affitto) il pignoramento può essere integrale.

 

 

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