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sede territoriale di NOLA: coordinatore avv. Elena Manzi

Nell’ottica di un continuo miglioramento dei servizi e dell'assistenza offerta Consumitalia è lieta di comunicare che dal mese corrente è operativa la nuova sede Territoriale di NOLA.

Pertanto tutti i cittadini della predetta località e delle aree limitrofe bisognosi di assistenza e tutela potranno recarsi presso la nostra nuova sede territoriale e fare affidamento sulle competenze dei nostri consulenti.

La sede territoriale di NOLA è ubicata più precisamente nel comune di Schiava di Casamarciano (NA) alla Via Nazionale delle Puglie, 110 (SS7bis), coordinata e rappresentata dall’avv. Elena Manzi specializzata nella tutela del consumatore.

La Sua esperienza è un “valore aggiunto” per Consumitalia che potrà esprimere tutta la propria forza estendendo la propria tutela in aree con un alto tasso di contenziosi territoriali.

L’apertura della sede territoriale di Nola è esplicativa della filosofia dell'associazione focalizzata sulla difesa del consumatore e sostenuta attraverso le competenze professionali dei propri rappresentanti.

La missione di Consumitalia è quella di porsi come nuova forma di difesa di tutti i consumatori al fine di garantire il rispetto dei diritti individuali e collettivi, farli applicare e osservare.

L’associazione offre, attraverso le sue sedi e sportelli in via di espansione sul Territorio Nazionale, consulenza e assistenza a tutela dei consumatori.

Consumitalia si avvale di esperti che curano e si occupano di tematiche specifiche per la difesa dei consumatori.

Pertanto diamo il benvenuto nel nostro Team alla nostra nuova referente: avv. Elena Manzi, congratulazioni per questo nuovo traguardo.

Che sia la partenza di un percorso florido e duraturo.

 

Riferimenti e contatti

Sede Territoriale: NOLA

Via Nazionale delle Puglie, 110 (SS7bis) - Schiava di Casamarciano (NA) 80030

Coordinatore Territoriale: avv. Elena Manzi

Contatti: mobile: +39 335 43 46 65

Mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Promotore finanziario truffa il risparmiatore: la banca ne risponde

Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18/12/2015 n° 25442

La banca risponde della truffa del promotore finanziario. E' quanto emerge dalla sentenza n. 25442 della Sezione III Civile della Corte di Cassazione, depositata il 18 dicembre 2015. 

Il caso

Un risparmiatore consegnava una cospicua somma in contanti nella mani di un promotore finanziario di una banca, il quale non provvedeva né ad investirla né a restituirla. La banca veniva condannata dal Tribunale di Milano alla restituzione della somma, mentre la Corte di Appello rigettava l'impugnazione della banca. 

La decisione

Ai sensi dell'art. 31, comma 3, del D.Lgs. n. 58 del 1998, l'intermediario finanziario risponde dell'illecito compiuto in danno di terzi dal suo promotore per effetto del nesso di occasionalità necessaria che intercorre tra l'illecito e il conferimento dell'incarico di promuovere affari; è sufficiente che l'espletamento dell'incarico abbia reso possibile o anche solo agevolato la condotta illecita, tanto più se al fatto dannoso ha concorso un comportamento colpevole dell'intermediario, il quale abbia omesso di osservare i doveri prescritti dalla legge.

Infatti, l'art. 21, comma 1, del D.lgs. n. 58 del 1998, ratione temporisapplicabile, prevede che le banche “nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati (profilo privatistico e pubblicistico); […] d) disporre dì risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati". Debbono inoltre adottare cautele efficaci e controllare l'attività del collaboratore perché non violi generali obblighi di correttezza e diligenza nello svolgimento del rapporto instauratosi con 1' investitore, non deroghi specifici obblighi richiesti dalla particolare natura dell' attività imprenditoriale e professionale esercitata [sul cui corretto esercizio, tramite il suo preposto, il consumatore di prodotti finanziari confida (ex multis Cass. n. 6033/2008)], non ometta di osservare normative comunitaria e costituzionale di tutela del risparmio (art. 47).

La Cassazione ha altresì precisato che la circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro in contanti non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell'attività delle stesso e la consumazione dell'illecito, e non interrompe la corresponsabilità solidale dell'intermediario preponente.

  • Pubblicato in Banca

AUTO: SCATOLA NERA OBBLIGATORIA E IL 'NO' DELLE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI

AUTO: SCATOLA NERA OBBLIGATORIA E IL 'NO' DELLE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI

Novità sulla installazione della scatola nera che potrebbe diventare obbligatoria. Disamina sulle finalità perseguite soprattutto in tema di truffe.

Novità in arrivo per la scatola nera che sta per assurgere a vero e proprio obbligo per tutte le auto italiane. Trattasi di una novità introdotta dagli emendamenti approvati dalla commissione industria del Senato al ddl concorrenza. Saranno oggetto delle nuove regole procedurali obbligatorie, dapprima i veicoli pubblici, e successivamente si passerà anche ai privati. A tal proposito, risulterà di estrema utilità l'analisi e l'interpretazione delle direttive europee in materia.

Tra le associazioni dei consumatori e le compagnie di assicurazioni non regna unanimità di vedute: le prime sono già pronte a scendere in campo per far sentire il proprio disappunto; le seconde invece, felici della novità, agiscono affinché gli oneri economici relativi all'installazione siano a carico degli automobilisti. Sono previsti dei cambiamenti anche nel settore dell'omesso pagamento del bollo auto.

Funzionalità della scatola nera: contro le truffe

La scatola nera, nonché la relativa installazione, viene promossa da parte di numerose assicurazioni, le quali offrono una diminuzione della polizza Si tratta di uno strumento satellitare, al cui interno vi è un Gps utile per la geo-localizzazione. In questo modo è possibile tener conto della velocità del mezzo, del tipo di frenata e della reale modalità di svolgimento di un ipotetico sinistro stradale: verrà registrato e conservato tutto.

Si cerca, così, di ostacolare e combattere le truffe derivanti da incidenti e anche da furti. Al momento, gli oneri economici sono a carico delle compagnie di assicurazione che possono indicare ai clienti dove rivolgersi per l'installazione, in base ad un programma di convenzione con le officine che provvedono all'inserimento del dispositivo. Lo scopo dell'introduzione della scatola nera, utile per un monitoraggio e un'attenta disamina dei dati registrati, consiste nel proporre agli automobilisti delle assicurazioni più snelle dal punto di vista economico. Per garantire la massima privacy, è previsto che i dati registrati siano soggetti a distruzione, con decorrenza a 7 giorni dall'acquisizione.

Usura: il Taeg comprende anche il costo di estinzione anticipata del finanziamento

 

E' noto che l'art. 644 c.p. si discosta dalla nozione civilistica di interesse per abbracciare il più vasto concetto di COSTO del finanziamento (espresso dal TAEG).

Ai sensi della novella della L. 108/96 e quindi ai sensi dell'attuale tenore del citato comma 4° dell'art. 644 c.p., il TAEG, paradigma di controllo dell'usura, è un aggregato di differenti componenti; gli interessi,  intesi nel senso tradizionale civilistico del termine, costituiscono solo una di queste componenti.

In effetti, dai contratti bancari emergono sovente forme di usura non legate (soltanto) agli interessi nominalmente intesi, ma anche a spese di istruttoria, assicurazione, intermediazione, rinegoziazione, chiusura rapporti, etc., ovvero da variegati oneri che incidono significativamente sul rapporto sostanziale al punto da alterane illecitamente il sinallagma.

Pertanto è lecito asserire che laddove, nei contratti bancari, si discorra di “interessi usurari”, in verità  si evoca il più ampio concetto di “COSTO USURARIO” DEL CREDITO, che è espresso dal TAEG.

Tenendo a mente che la locuzione “interessi” usata dal Legislatore è in verità monca sotto il profilo descrittivo, mentre l'adozione del concetto di “costo”, l'equivalente linguistico del TAEG matematico, esprime esaustivamente il concetto da utilizzare in tema di usura bancaria, può essere più agevolmente intesa la nozione di promessa usuraria: l'usura è un reato istantaneo che si consuma anche con la sola semplice promessa o pattuizione; la giurisprudenza classifica l'usura come reato“ad azione prolungata” o “a consumazione frazionata” (Cass. pen., sez. II, 13 ottobre 2005, n. 41045) o come reato “istantaneo con effetti permanenti”  (Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 1998, n. 11055).

Più recentemente, “Il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, esso si perfeziona con la sola accettazione della promessadegli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l’integrale adempimento dell’obbligazione usuraria”(Cass. Pen. sez. II, 2 dicembre 2014, n. 50397); è notissima Cass. Civ. Sez. I, 09-01-2013, n. 350, la quale ha precisato che “ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p., e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”.

Ancor più recentemente, “quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell'obbligazione rimasta inadempiuta (v. Cass. Sez. II, Sent. n. 37693/2014 Rv. 260782; Sez. II, Sent. n. 33871/2010 Rv. 248132; Sez. F, Sent. n. 32362/2010 Rv. 248142; Sez. II, Sent. n. 26553/2007 Rv. 237169; Sez. II, Sent. n. 11837/2003 Rv. 228381)” (Cass. Pen. II sez., 8 ottobre 2015, n. 40380).

D'altra parte il Giudice di nomofilachia non ha fatto altro se non ribadire i precetti di legge.

Ai sensi dell'art. 644 c.p., 1°comma: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con...”; ai sensi del  per il 4° comma, “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

L'art. 1, comma 1 del D.L. 394/00 di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p. dispone che “Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo  1815,  secondo  comma, del codice civile, si intendono usurari  gli  interessi  che superano il limite stabilito dalla legge nel  momento  in  cui  essi  sono  promessi  o  comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.

Il Testo della relazione governativa di presentazione al Parlamento del Decreto Legge 394/2000, convertito poi in Legge 28 febbraio 2001 n. 24, contiene un'ulteriore esplicitazione della volontà del legislatore:“L’articolato fornisce al comma 1 l’interpretazione autentica dell’art. 644 C.P. e dell’art. 1815 comma secondo c.c.. Viene chiarito che quando in un contratto di prestito sia convenuto il tasso di interesse (sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio) il momento al quale riferirsi per verificare l’eventuale usurarietà sotto il profilo sia penale che civile è quello della conclusione del contratto a nulla rilevando il pagamento degli interessi”.

Coerentemente con quanto sopra osservato, pare lecito affermare che la promessa usuraria è la promessa di pagare un eventuale COSTO usurario resa al momento della stipula del contratto; la verifica va effettuata con riferimento alle condizioni contrattuali e all’entità del credito erogato originariamente pattuite e deve consistere in un giudizio ex ante da collocarsi temporalmente al momento della pattuizione del contratto bancario, indipendentemente dalla effettiva corresponsione del COSTO.

In altre parole, la promessa usuraria comprende quelle fattispecie che, pattuite in contratto, possono comportare il pagamento di un COSTO usurario solo in via eventuale: il loro mancato verificarsi non elide il carattere di usurarietà che acquistano già definitivamente al momento della pattuizione, genesi della promessa, con ogni conseguenza di legge.

Per restare nell'esempio nella vicenda esaminata dalla citata Cass. 350/13,  il mutuo è usurario solo perché contempla la pattuizione di interessi moratori usurari, che, naturalmente, al momento della pattuizione, costituiscono la fase patologica eventuale e futura del contratto di mutuo; non occorre attendere che la fase patologica si concretizzi né che la mora venga pagata: è sufficiente solo verificare, con un giudizio ex ante, che, per tale fase, il mutuatario abbia promesso di pagare alla banca un COSTO usurario.

Se, dunque, la norma contempla e punisce ipotesi di usura anche se solo eventualmente verificabili sulla scorta delle clausole contrattuali (ovvero le promesse usurarie), come appunto è stato espressamente chiarito per gli interessi moratori, non v'è motivo di negare che la promessa usuraria vada riconosciuta in tutte le altre ipotesi contrattualizzate, solo eventuali ma potenzialmente verificabili, che prevedano costi usurari, dal momento che, come per la mora, anche in tali altri casi il finanziato ha promesso di pagare detti costi collegati all'erogazione del credito.

In effetti è di solare evidenza che gli scenari contrattualizzati in cui può diramarsi il finanziamento, possono comportare un COSTO per la parte finanziata non necessariamente legato (solamente) al pagamento di interessi corrispettivi o moratori; questo COSTO, ad esempio, può configurarsi anche  nel caso dell'estinzione anticipata del finanziamento, in quanto il compenso ivi pattiziamente convenuto è di certo un COSTO per la parte finanziata ed una REMUNERAZIONE per la  banca secondo la lata terminologia  usata dal Legislatore (“per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”: art. 1 della Legge 108/96 che ha modificato l’articolo 644 c.p.) o, comunque, un VANTAGGIO.

Giurisprudenza in itinere tra usura ed estinzione anticipata del finanziamento

In linea con il suesposto iter, la più recente giurisprudenza, posteaesaminata, (Tribunale collegiale di Pescara, Pres. Fortieri; ordinanza del 28.11.2014; Tribunale collegiale di Bari, ordinanza del 01.12.2014, Pres. Maganella; Tribunale di Bari, ord. del 19.10.2015, Tribunale di Bari, ord. del 27.11.2015), ha sancito che anche il costo (espresso in TAEG) promesso in pagamento dal mutuatario per l'esercizio del diritto potestativo di estinguere anticipatamente il mutuo rileva ai fini della normativa antiusura e determina, in caso di debordo del tasso soglia, la gratuità del finanziamento ai sensi dell'art. 1815, 2° comma, c.c.

In buona sostanza il Giudice, esaminando la clausola del contratto bancario relativa agli interessi moratori, deve porsi questa domanda:Qual è il costo (TAEG) che il mutuatario ha promesso di pagare nella eventualità che il mutuo subentri nella fase patologica?; qualora tale costo travalichi il tasso soglia, il mutuo è usurario.

Parimenti, esaminando la clausola relativa all'estinzione anticipata, il Giudice deve porsi la analoga domanda: Qual è il costo (TAEG) che il mutuatario ha promesso di pagare nella eventualità che intenda estinguere anticipatamente in contratto?; la risposta non può che essere la medesima.

Né può ostare a tale conclusione il fatto che l'estinzione anticipata costituisca diritto potestativo del mutuatario.

Tale ostacolo non si rinviene nella vigente normativa che fa riferimento solo alla promessa usuraria e al momento in cui questa viene resa, disinteressandosi del successivo svolgimento del rapporto; di converso, non v'è una disposizione normativa né una ragione plausibile che autorizzi a conferire la tutela di legge ex artt. 644 c.p. e 1815, 2° comma, c.c., alla fase della mora sol perché questa trova ingresso per inadempimento del mutuatario, mentre la neghi alla ipotesi di estinzione anticipata sol perché qui v'è esercizio di un diritto potestativo.

In entrambi i casi tali fasi hanno (la potenzialità di trovare) ingresso comunque per fatto imputabile alla parte finanziata.

Parimenti in entrambi i casi, al momento della pattuizione del contratto bancario, il mutuatario si è obbligato con una promessa usuraria e ciò costituisce condizione necessaria e sufficiente per beneficiare della tutela normativa antiusura.

Le suesposte argomentazioni, in questa sede estremamente sintetizzate, sono state portate dagli scriventi avanti il citato Tribunale Collegiale di Pescara, Pres. Fortieri, che le ha pienamente condivise con ordinanza non impugnabile del 28.11.2014 costituente il primo provvedimento giudiziario sulla tematica qui esaminata[3].

A distanza di pochi giorni, l'altro Giudice citato (Tribunale Collegiale di Bari, Pres. Magaletti, ordinanza non impugnabile del 01.12.2014) ha confermato il Collegio pescarese.

Ancora più recentemente, il Tribunale di Bari, ord. del 19.10.2015 ribadisce il proprio orientamento, replicato da ultimo dal medesimo Foro con ord. 27.11.2015 Est. D'Aprile, per il quale, a cagione dell'usurarietà causata anche dal compenso promesso per l'estinzione anticipata, il finanziamento diviene gratuito e tutto ciò che è stato corrisposto dalla parte finanziata va imputato alla sola quota capitale del finanziamento cui il credito della banca va circoscritto, a nulla rilevando la clausola di salvaguardia entro il tasso soglia che era stata pattuita per il soli interessi moratori.

I principi  ricavabili

In buona sostanza, i passi eminenti dei provvedimenti giudiziari citati nonché delle suesposte deduzioni possono così sintetizzarsi:

  • non solo gli interessi convenzionali o moratori debbono sottostare al vaglio della normativa antiusura, ma anche qualsiasi altro costo (escluse imposte e tasse) connesso al finanziamento che il cliente ha promesso di pagare;
  • poiché la legge punisce anche la sola promessa di pagare costi usurari, è sufficiente la semplice stipula della clausola senza necessità che il fatto ivi ipotizzato si concretizzi, ovvero senza la necessità che il cliente ne paghi il costo convenuto;
  • trattandosi di promessa usuraria da valutarsi con giudizio prognostico ex ante al momento della pattuizione del finanziamento, è sufficiente la sola potenzialità che il costo usurario si verifichi sulla scorta delle condizioni contrattuali a nulla rilevando che detto costo, al momento della contestazione o dell'azione legale, non possa più verificarsi: pertanto, ai fini del vaglio usurario, è lecito calcolare il TAEG del finanziamento nella ipotesi che la clausola usuraria si verifichi in un determinato momento storico consentito dal contratto;
  • qualora il costo potenziale promesso in contratto si riveli usurario, il cliente è tenuto alla restituzione del solo capitale ricevuto a prestito e non deve più pagare gli interessi del finanziamento, che va ritenuto gratuito (e se li ha pagati, anche in parte, ha diritto alla restituzione): tanto è asserito esplicitamente dalla citata giurisprudenza barese, nonché, implicitamente, dal citato collegio del Tribunale pescarese: quest'ultimo, trascrivendo la nota sentenza della Corte di Cassazione n° 350/2013, richiama espressamente l’art. 1815, 2° comma, codice civile, il quale sancisce come conseguenza dell'usura la non debenza di alcun interesse dal cliente alla banca. Sotto il profilo della gratuità del finanziamento, sebbene in relazione all'usurarietà del tasso di mora, i succitati provvedimenti (sinora i primi ad affrontare la questione della estinzione anticipata ai fini dell'usura) si pongono in linea con altra giurisprudenza fra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo: Corte di Appello Venezia del 18 febbraio 2013, “L’articolo 1815, comma 2, c.c. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie e, a seguito della revisione legislativa operata dall’articolo 4 della legge 7 marzo 1996, n. 108 e dalla legge 28 febbraio 2001, n. 24 – di conversione del decreto legge 29 dicembre 2000, n. 394 – esso prevede la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito”; Trib. Padova, ordinanza 13 maggio 2014, “Quando in un contratto di mutuo si riscontri la pattuizione di un tasso di interesse moratorio superiore al tasso soglia di usura, la clausola è nulla ex art 1815 comma 2 c.c., con la conseguenza che nessun interesse è dovuto dal cliente che deve restituire all’istituto di credito solo la somma capitale mutuata. La lettera della norma infatti, in base alla quale <se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi> non consente di effettuare alcuna distinzione tra interessi corrispettivi e moratori”; Tribunale di Udine del 26.09.2014, per il quale “Constatato il superamento della soglia di usura da parte del TEG, l’applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c. determina la gratuità dell’intero negozio e, pertanto, l’obbligo di restituzione del solo capitale mutuato”; Tribunale di Rimini, ordinanza del 27.04.2015: “…I debitori, in sede di opposizione, deducono: l'usurarietà del tasso di mora… la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito… I motivi di opposizione appaiono fondati… E’ pacifico dunque che fin dalla conclusione del contratto il tasso di mora era superiore al tasso soglia… A fronte dunque di una previsione iniziale non rispettosa dei limiti poste dalle norme di legge in materia di usura … deve trovare applicazione il disposto del citato secondo comma dell’art. 1815 c.c., con riferimento alla non debenza degli interessi”; Tribunale di Padova, Sez. I Civ., 30.06.2015, n. 1999: “Una volta accertata l'usurarietà di un determinato rapporto, la conseguenza ai sensi dell’art. 1815, comma 2, cod. civ. – norma pacificamente ritenuta valida per tutti i contratti di credito – è la non debenza di alcun interesse, spesa o commissione collegata all’erogazione del credito e computata al fine della verifica dell'usurarietà dei tassi”; Tribunale di Rovereto, sent. n. 178 del 30.06.2015: “Ai sensi dell’art. 1815 c.c., qualora siano convenuti interessi usurari, non sono dovuti interessi, nemmeno nella misura legale”; Tribunale di Torino, ordinanza 20.06.2015: “Posto dunque che unici, e onnicomprensivi, sono il TEGM e il tasso soglia, i quali esprimono il primo il costo medio di mercato e il secondo il limite oltre il quale l’onerosità del credito si presume juris et de jure usuraria, indipendentemente dalle singole voci che contribuiscono a rendere intollerabile il costo, unica e globale deve essere anche la sanzione di gratuità del mutuo, pur se il superamento della soglia si verifichi esclusivamente per il tramite dell’apporto dei moratori”.

Ad ogni modo l'inclusione nel TAEG ai fini usura del compenso pattuito per l'estinzione anticipata trova largo consenso più o meno esplicito presso la dottrina specialistica.

In conclusione, per tutte le motivazioni suesposte, il costo promesso per l'estinzione anticipata,   eventuale ma potenzialmente verificabile, risponde ai presupposti perché debba soggiacere alla normativa antiusura:

1) è un costo, futuro ed eventuale, che la parte finanziata ha promesso di pagare all'intermediario;

2) è un costo collegato alla erogazione del credito;

3) è un costo che non consiste in una imposta o tassa da pagare alla P.A.

Insomma, la voluta onnicomprensività della locuzione adoperata dal legislatore in tema di usura, è tale da non lasciare fuori dal computo del TAEG nessun tipo di costo collegato all'erogazione del credito.

La normativa antiusura quale baluardo del mercato del credito.

Ritengono gli scriventi che le soluzioni adottate dalla menzionata giurisprudenza e confortate dalla  citata autorevole dottrina, colgono il segno del corretto ruolo che la normativa antiusura ha nel contesto del mercato del creditizio.

Come ha posto in rilievo la Cassazione penale, Sez. II 18.03.03, n. 20148, il Legislatore dell'usura accanto alla protezione del singolo, protegge soprattutto gli interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del credito ed alla regolare gestione dei mercati finanziari.

Gli interessi collettivi ad un corretto funzionamento del mercato del credito, che nella visione del legislatore accostano e travalicano quelli del singolo, ampliano la prospettiva nella quale si colloca il testo dell'art. 644 c.p. riformulato dalla legge 108/96.

Il credito, il cui esercizio è protetto dall'art. 47 della Costituzione, costituisce elemento imprescindibile dell'economia ed il legislatore, con l'introduzione della normativa antiusura, ha fornito lo strumento per attuare siffatta protezione attraverso la regolarizzazione e la calmierazione del mercato creditizio.

Insomma, il legislatore del '96 ha perseguito finalità estese dalla tutela del patrimonio individuale alla tutela del regolare funzionamento del mercato del credito, imponendo il contenimento del costo (ogni costo a qualsiasi titolo) entro parametri oggettivizzati e presidiati dalla sanzione penale (644 c.p.) e civile (1815 c.c., 2° comma): l’iniziativa privata di banche ed intermediari non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e la legge antiusura costituisce appunto il baluardo posto a protezione dell'esercizio del credito tutelato dalla Carta costituzionale.

Nessun costo, ad eccezione di imposte e tasse, che sia collegato all'erogazione del credito, di qualsivoglia natura e a qualsiasi funzione proteso, può debordare il tasso soglia; tanto meno il costo promesso per esercitare il diritto potestativo di estinguere anticipatamente il finanziamento.

Assegno di disoccupazione: chi ne beneficia e come richiederlo

Decreto Ministero, Lavoro e politiche sociali 29/10/2015 , G.U. 18/01/2016

L'ASDI e' erogato mensilmente a decorrere dal giorno successivo a quello del termine di fruizione della NASpI per una durata massima di sei mesi.

Qualora il lavoratore abbia gia' fruito dell'ASDI nei 12 mesi precedenti il termine di fruizione della NASpI, l'ASDI e' erogato per una durata massima pari alla differenza tra 6 mesi e la durata dell'ASDI fruito in tale periodo di tempo e comunque per un numero massimo di mesi pari alla differenza tra 24 e i mesi di ASDI fruiti nei 5 anni precedenti il termine di fruizione della NASpI.


E' quanto prevede il D.M. Lavoro 29 ottobre 2015 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2016, n. 13) recante Attuazione dell'articolo 16, comma 6, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, in materia di assegno di disoccupazione (ASDI).

L'importo dell'ASDI e' pari al 75 per cento dell'ultima indennita' NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale, di cui all'art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

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Circolazione stradale: i chiarimenti su divieto di fumo, Rc auto e revisione

Ministero dell'Interno, circolare 11/02/2016 n° 300/A/1001/16/101/3/3/9

Pubblichiamo il testo della circolare n. 300/A/1001/16/101/3/3/9 dell'11 febbraio 2016, con la quale il Ministero dell'Interno illustra alcune novità introdotte in tema di circolazione stradale dal decreto legislativo n. 6/2016 e dalla Legge di Stabilità 2016.

Si tratta, in particolare, del divieto di fumo in auto e di ulteriori casi di infrazioni stradali accertabili mediante dispositivi di controllo da remoto; fra queste la mancanza di copertura assicurativa e l'omessa revisione dei veicoli.

Divieto di fumo in auto

Il d.lgs. n. 6/2016 ha esteso il divieto di fumo al conducente e ai passeggeri a bordo di autoveicoli (in sosta o in movimento), in presenza di minori di anni 18 e di donne in stato di gravidanza. 

Il divieto riguarda solo gli autoveicoli di cui all'art. 54 del Codice della Strada, con esclusione quindi di ciclomotori e motoveicoli anche se dotati di carrozzeria chiusa. 

In caso di violazione si applica la sanzione da 27,50 a 275,00 euro, raddoppiata quando la violazione avvenga in presenza di una donna in evidente stato di gravidanza o davanti a bambini fino a 12 anni di età. 

La procedura applicabile è quella prevista dalla Legge n. 689/1981, come ridefinita in base all'accordo in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni del 16 dicembre 2014 (v. allegato alla circolare).

Nuovi casi di accertamento da remoto delle violazioni

La Legge di Stabilità 2016, modificando l'art. 201, comma 1-bis, Codice della Strada, ha introdotto nuove ipotesi nelle quali è consentito l'accertamento da remoto delle infrazioni, cioè senza contestazione immediata:

  • mancanza di revisione (art. 80);
  • mancanza di copertura assicurativa (art. 193);
  • sovraccarico dei veicoli (art. 167).

Per l'accertamento di queste violazioni occorrono apparecchiature espressamente approvate a tale scopo. 

Per la mancanza di copertura assicurativa comunque resta ferma la possibilità di utilizzare dispositivi approvati per l'accertamento di altre violazioni (es. dispositivi di controllo della velocità, dell'accesso in ZTL, attraversamento di intersezioni semaforizzate ecc.).

Il Ministero ricorda infine che, in caso di stipula a distanza dei contratti di assicurazione Rc auto, la trasmissione del certificato assicurativo avviene su supporto cartaceo tramite posta oppure, se il contraente ha dato il consenso, anche tramite posta elettronica. In questa seconda ipotesi, in caso di controllo su strada il conducente non potrà più esibire il certificato assicurativo originale in formato cartaceo; al riguardo il Ministero si riserva di fornire direttive dopo i necessari chiarimenti con l'IVASS (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni).

 notizia pubblicata su Altalex, 18 febbraio 2016

Stipendi: addio ai pagamenti in contante

Stipendi: addio ai pagamenti in contante

La legge di bilancio 2018 stabilisce definitivamente il divieto per il datore di lavoro di corrispondere la retribuzione in contanti direttamente al lavoratore

Non sarà più possibile, per il datore di lavoro, pagare al dipendente lo stipendio direttamente in contatti, ma sarà necessario utilizzare strumenti alternativi oppure affidarsi a banche e poste.

Acquista ufficialità con l'approvazione definitiva della manovra di bilancio 2018 (per approfondimenti: Manovra 2018 è legge: dalle pensioni agli avvocati, le novità) la misura tesa a salvaguardare i lavoratori dalla pratica delle "buste paga false" perpetrate da molte aziende.

Un'abitudine costata cara a molti dipendenti che si erano visti spesso costretti dal proprio datore di lavoro a firmare una busta paga a importo pieno, nonostante gli venissero poi corrisposte in contanti somme inferiori ai minimi previsti dai contratti collettivi, dietro minaccia di licenziamento (per approfondimenti: Stipendi: addio contante).

Stipendi: niente più pagamenti in contanti

La legge di bilancio stabilisce a chiare lettere che i datori di lavoro o committenti non potranno corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.
 
Per "rapporto di lavoro" rilevante ai sensi della menzionata disposizione, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all'art. 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Viene precisato, inoltre, che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione.
 
Il divieto e i nuovi obblighi, invece, non troveranno applicazione nei rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001), ai rapporti di lavoro domestico (legge n. 339/1958), né a quelli comunque rientranti nell'ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
 
Stipendi: le modalità di pagamento ammesse
 
A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti dovranno corrispondere la retribuzione ai lavoratori, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
b) strumenti di pagamento elettronico;
c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
 
In quest'ultimo caso, l'impedimento s'intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.
 
Sanzioni: fino a 5mila euro per i trasgressori
 
Al datore di lavoro o committente che viola l'obbligo di pagamento previsto, si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
 
Gli obblighi e le relative sanzioni previsti dalla legge si applicheranno a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della manovra di bilancio.

 

  • Pubblicato in Banca
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