Importante vittoria dei legali di Consumitalia nei confronti di Società Autostrade per l’Italia S.p.A.

Nel 2016 un nostro associato si era rivolto agli sportelli di Consumitalia dopo aver ricevuto dalla Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V. (CE) un avviso ex art. 415 bis c.p.p. (avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari) - per violazione dell’art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta) -.

La pratica veniva seguita dai nostri legali territoriali competenti in materia: avv. Luca Sgueglia e avv. Aniello Di Fratta, entrambi del Foro di S. Maria C.V.

La vicenda

L’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari concerneva fatti indicati nella denuncia presentata dal procuratore speciale della società Autostrade per l’Italia S.p.A.

Ad avviso di quest’ultima, da una verifica dei tabulati gestionali, il conducente  dell’autovettura Mercedes tg. ********** di proprietà del sig. *********** nel lasso temporale intercorso tra agosto 2014 e marzo 2015 effettuava un totale di ben 77 transiti R.M.P.P. (rapporti di mancato pagamento del pedaggio) sulla rete autostradale omettendo di corrispondere il relativo pedaggio per l’importo complessivo di € 5.695,71 (in particolare lo stesso, dopo aver ritirato il tagliando al casello d’ingresso una volta giunto alle varie stazioni di uscita si accodava, in prossimità della stessa, agli automobilisti in transito presso le piste riservate al pagamento tramite telepass senza essere munito di tale mezzo elettronico di pagamento, riuscendo a superare la barriera prima dell’abbassamento della sbarra).

A seguito della denuncia veniva svolta l’attività di indagine. Per quanto sopra veniva identificato e contestato all’indagato il reato di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. 

Così ricostruita la vicenda, a parere dei legali di Consumitalia – avv.ti Aniello di Fratta e Luca Sgueglia - la condotta in contestazione non era penalmente perseguibile per mancanza di un elemento costitutivo del reato: lo stato d’insolvenza (le dichiarazione dei difensori: “ … il Codice Penale sanziona l’inadempimento - preordinato - posto in essere dal soggetto insolvibile, pertanto non sanziona il mero inadempimento contrattuale. La condotta contestata rientra nell’alveo dell’art. 176, comma 17 C.d.S.  - sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 398,00 a € 1.596,00 per chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale - “). 

Per quanto sopra e nei termini di legge, gli avv.ti Aniello di Fratta e Luca Sgueglia presentavano un’articolata memoria difensiva che dava impulso al PM nel formulare richiesta di archiviazione ex art. 408 c.p.p.

Successivamente il procuratore speciale della società Autostrade per l’Italia S.p.A. presentava opposizione alla  predetta archiviazione, per cui veniva fissata udienza in camera di consiglio in data 17.03.2017 presso il Tribunale di S. Maria C.V. dinanzi all’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari dott. ********.

All’esito dell’udienza camerale, letti gli atti del procedimento rigettava l’opposizione e disponeva l’archiviazione del procedimento.

Consumitalia si avvale di esperti che curano e si occupano di tematiche specifiche, quali la Giustizia Penale e Civile. La tutela e la difesa dei consumatori e degli utenti della strada è sostenuta attraverso le competenze professionali dei nostri rappresentanti. 

Congratulazioni per questo nuovo successo agli avv.ti Aniello Di fratta e Luca Sgueglia del team di Consumitalia.

 www.consumitalia.it

 

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Errata fatturazione: importante successo di Consumitalia nei confronti della Eni gas e luce S.p.A.

Errata fatturazione: importante successo di Consumitalia nei confronti della Eni gas e luce S.p.A.

Nel mese di gennaio 2017 un consumatore si è rivolto alla nostra associazione al fine di ottenere il rimborso delle somme pagate su fatture “stimate” e relative a consumi “fantasma”, in quanto calcolati su un contatore sostituito dall’anno 2011. Rappresentato e assistito dall'avv. Luca Sgueglia, specializzato nella tutela del consumatore, ha ottenuto un rimborso di oltre € 10.000,00 oltre lo storno della fattura inviate dalla società di distribuzione gas e relative al periodo successivo alla cessazione del contratto. 

La vicenda 

A seguito di controlli effettuati sulla posizione contabile della ******** e sulla fatturazione emessa nei confronti della stessa risultava che la società Eni S.p.A. si era resa responsabile di gravissime irregolarità: il contatore del gas con matricola nr. 009**** - associato al numero cliente 800 *** *** *** risultava infatti sostituito dall’anno 2011 con una lettura finale 21905 smc. Ciò nonostante la Eni S.p.A. aveva inverosimilmente continuato a fatturare alla ********** consumi “fantasma” fino all’inammissibile lettura di 40053 smc come risultava dalle fatture prodotte, nel mentre i consumi effettivi sul nuovo contatore erano pari a circa 5000 smc: pertanto veniva stimato in eccesso, a carico del consumatore, un consumo di circa 13.000 smc.

Che altresì alla fine dell’anno 2015 la ********* comunicava alla Eni S.p.A. la cessazione del proprio contratto. Tale comunicazione non veniva in alcun modo presa in considerazione e aggiornata dalla società di distribuzione. Pertanto la ******** si vedeva recapitare ulteriori fatture per consumi successivi alla cessata fornitura per un importo totale di circa € 1.000,00.

L'avvocato ha così commentato: “dai fatti sopradescritti emergevano gravi responsabilità e inadempienze della Eni S.p.A. che le portavano un ingiustificato arricchimento e vantaggio patrimoniale a discapito esclusivo della ******** che pertanto aveva pieno diritto ad essere indennizzata per tali fatti oltre ad essere rimborsata per le ingenti somme versate alla Eni S.p.A. e non dovute per consumi riportati su un contatore fantasma sostituito dall’anno 2011”.

A seguito dei reclami effettuati veniva dapprima promosso il procedimento obbligatorio di mediazione (che si chiudeva con esito negato per mancata comparizione della Eni S.p.A.); successivamente, alla luce del comportamento ostruzionistico assunto dalla società di distribuzione gas, l’avv. Luca Sgueglia promuoveva la causa innanzi all’Autorità competente.

Alla fine della vicenda venivano riconosciuti gli errori di fatturazione della Eni gas e luce S.p.A. e disposto un rimborso di oltre € 10.000,00 in favore della *******.

 L'ennesima vittoria ottenuta da Consumitalia è esplicativa della filosofia dell'associazione focalizzata sulla difesa del consumatore e sostenuta attraverso le competenze professionali dei propri rappresentanti.

 La missione di Consumitalia è quella di porsi come nuova forma di difesa di tutti i consumatori al fine di garantire il rispetto dei diritti individuali e collettivi, farli applicare e osservare.

 Consumitalia si avvale di esperti che curano e si occupano di tematiche specifiche per la difesa dei consumatori.

 Congratulazioni per questo nuovo successo all’avv. Luca Sgueglia fondatore della nostra associazione.

www.consumitalia.it

Antitrust: multe per 9 milioni di euro alle compagnie telefoniche per i contratti stipulati al telefono

Mano pesante dell'Agcom su Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali.

 

Una delle maggiori contestazioni l'aver attivato contratti durante il periodo di ripensamento

Nove milioni di euro di multa alle compagnie telefoniche che hanno attivato il contratto prima della scadenza dei 14 giorni del periodo di ripensamento del cliente.

Mano pesante dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha comminato alle principali compagnie telefoniche (Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali) sanzioni per complessivi 9 mln di euro. La motivazione è stata «aver adottato condotte illecite che violano le norme del codice del consumo di recepimento della consumer rights, nell'ambito della commercializzazione a distanza, online o al telefono, o fuori dei locali commerciali di servizi di telefonia fissa e/o mobile».  

La multa è arrivata per l'avvio da parte delle compagnie suddette del processo di attivazione della linea e/o di migrazione da altro operatore, nel corso del periodo di 14 giorni previsto per esercitare il diritto di recesso ("periodo di ripensamento") da parte dell'utente, senza acquisire un'espressa richiesta di attivazione del contratto da parte del consumatore. Secondo il codice del consumo è previsto che l'esecuzione del contratto durante il periodo di recesso sia sottratta alla sfera decisionale delle aziende e rimessa alla volontà del consumatore, il quale se interessato, dovrà farne espressa richiesta. In pratica, l'obiettivo è evitare che la conclusione del contratto possa realizzarsi senza la chiara volontà del consumatore.

 

Compagnie telefoniche: le tre condotte illecite

Sono tre le condotte illecite rilevate dall'Antitrust messe in atto dagli operatori telefonici.

Intanto «l'assenza dell'informativa richiesta dal codice del consumo, nel sito web e nelle condizioni generali di contratto, sia in merito al regime dei costi praticato nel caso di esecuzione anticipata del contratto e di successivo recesso del consumatore, sia in merito alla circostanza che eventuali costi sono dovuti solo nel caso in cui l'anticipazione sia stata espressamente richiesta dal consumatore». 

In secondo luogo, «la conclusione di contratti online, al telefono o fuori dei locali commerciali procedendo all'avvio delle c.d. procedure di provisioning di attivazione di una nuova linea fissa o di migrazione da altro operatore in assenza dell'autonoma richiesta esplicita del consumatore prevista dalla normativa e, in ogni caso, senza metterlo nella condizione di poter liberamente scegliere tale opzione e di poter concludere il contratto a distanza o fuori dei locali commerciali in assenza di tale volontà».

Infine «in caso di esercizio del diritto di ripensamento, l'addebito o la previsione di costi non dovuti in assenza della predetta informativa e/o della richiesta esplicita».

In particolare, nel caso di alcuni operatori, riferisce ancora l'Autorità, sono state accertate ulteriori condotte in violazione delle norme consumer rights. Per Tiscali la non conformità delle procedure di teleselling rispetto a quanto stabilito dalla disciplina. Per Wind e Fastweb, è stata rilevata l'illiceità di condotte essenzialmente consistenti nel non far decorrere il termine per l'esercizio del diritto di ripensamento dalla proposta.

Blocco del conto corrente: l’Agenzia Entrate provvede senza preavviso

 

Come Agenzia Entrate Riscossione pignora il conto corrente

La procedura del «pignoramento presso terzi» in caso di riscossione esattoriale segue regole diverse rispetto a quelle previste dal codice di procedura civile per i soggetti privati. Tutto si svolge senza un giudice e senza passare da un’udienza in tribunale. Le fasi del pignoramento sono le seguenti:

  • l’esattore – ossia Agenzia Entrate Riscossione – notifica al debitore e alla sua banca l’atto di pignoramento. Questa comunicazione deve avvenire non prima di 60 giorni dalla notifica della cartella, ma non oltre 1 anno (o 180 giorni nel caso di precedente notifica di una intimazione di pagamento); fuori da questi termini il pignoramento è nullo;
  • con l’atto di pignoramento il conto corrente viene bloccato per 60 giorni durante i quali la banca non può consentire al correntista di prelevare o stornare le somme pignorate;
  • se decorrono i 60 giorni senza che il contribuente abbia pagato il debito, la banca trasferisce i soldi sul conto corrente di Agenzia Entrate Riscossione.

In questi 60 giorni il contribuente può sbloccare il conto corrente pignorato optando per una delle tre seguenti soluzioni:

  • pagare integralmente il debito ossia le somme intimategli da Agenzia Entrate Riscossione;
  • chiedere la rateazione del debito: in tal caso il conto viene sbloccato solo alla dimostrazione del pagamento della prima rata;
  • proporre opposizione all’esecuzione e sperare che, alla prima udienza, il giudice sospenda l’esecuzione forzata (il che però lo farà solo in presenza di valide e gravi ragioni su cui è fondata l’opposizione stessa).
È possibile bloccare il conto corrente senza un preavviso ?

Le regole sul pignoramento del conto corrente non sono cambiate da quando la riscossione esattoriale è passata dalle mani di Equitalia a quelle di Agenzia Entrate Riscossione. Il che significa che, come in passato, il fisco può bloccare il conto corrente senza preavviso. L’unico preavviso – che dovrebbe mettere in allarme il contribuente – è la notifica della cartella di pagamento che, tuttavia, può essere effettuata sino a un anno prima dall’arrivo del pignoramento. Se, invece, al posto della cartella di pagamento, il fisco ha spedito una intimazione di pagamento (una sorta di sollecito che richiama, nel dettaglio, le cartelle già notificate prima) il termine entro cui eseguire il pignoramento è di 180 giorni. Entro tale (ampia) forbice temporale – che parte da quando il debitore riceve la cartella o l’intimazione – ogni momento è buono per subire non solo il pignoramento del conto corrente, ma anche quello dello stipendio, della pensione, della casa. Nulla tuttavia gli garantisce se e quando, con precisione, avverrà l’esecuzione forzata.

 
Il contribuente sa del blocco solo quando va a prelevare i soldi

A ciò si aggiunge un’altra particolarità che la legge non ha voluto precisare. La norma che impone ad Agenzia Entrate Riscossione di notificare il pignoramento del conto corrente tanto al debitore quanto alla banca non dice a chi dei due debba essere prima inviato. Tuttavia è solo dalla notifica all’istituto di credito che scatta l’effettivo blocco, ricevendo quest’ultimo l’ordine di non consentire alcun prelievo delle somme pignorate. Ora, se le due lettere possono partire nello stesso giorno, nulla toglie che invece vengano spedite in momenti diversi e a sapere del pignoramento sia prima la banca e solo dopo il correntista. Peraltro non c’è bisogno che la banca verifichi l’avvenuta comunicazione al debitore dell’atto di pignoramento perché il conto venga bloccato.

La conseguenza, a questo punto, risulterà lampante agli occhi di tutti: il contribuente che si recherà allo sportello della banca potrebbe sapere solo dall’impiegato che il suo conto è stato pignorato, non avendo ancora ricevuto la relativa notifica. Può sembrare una situazione kafkiana ma è la norma e, ad ammetterlo è stato il viceministro dell’Economia che, rispondendo a una interrogazione parlamentare, ha ammesso che la legge consente all’esattore di bloccare il conto corrente del contribuente prima ancora che questi lo sappia, notificando l’atto di pignoramento prima alla banca e solo in un momento successivo al diretto interessato. Con la conseguenza che, anziché venire a conoscenza del blocco con i normali metodi (ufficiale giudiziario, messo comunale o postino), il correntista potrebbe scoprirlo al momento in cui si reca al bancomat o allo sportello della propria banca per prelevare e, in quell’occasione, gli venga comunicata la decisione.

Insomma, mai come in questo caso il blocco del conto corrente cade come un fulmine a ciel sereno, magari proprio quando il padre di famiglia è andato a prelevare i soldi per pagare la retta scolastica dei figli, per fare la spesa della settimana. Non è ammessa alcuna eccezione neanche nei casi di particolare urgenza come, ad esempio, quelli in cui si debbano acquistare delle medicine o dei farmaci salvavita. E se poi, prima della notifica del pignoramento, è stato emesso (nella perfetta incoscienza dell’imminente “catastrofe”) un assegno, questo non potrà essere pagato e andrà protestato: il debitore risponderà quindi anche delle sanzioni irrorategli dalla Prefettura. Insomma, debiti su debiti, come spesso succede in queste situazioni. 

Il modo più semplice, rapido e indolore per sbloccare il conto corrente è chiedere una rateazione e di dimostrare il pagamento della prima rata, cosa che però non tutti potrebbero essere in grado di fare proprio per l’intervenuta indisponibilità dei risparmi.

L’eccezione per dipendenti e pensionati

A questa disciplina la legge ha posto parziale rimedio solo in favore di pensionati e lavoratori dipendenti. Per questi ultimi il pignoramento del conto corrente che serve da appoggio per il versamento dello stipendio o della pensione non può mai essere integrale ma riguarda le somme eventualmente eccedenti il triplo dell’assegno sociale, ossia 1.345,56 euro. Quindi se sul conto c’è un deposito inferiore a tale somma esso non potrà essere toccato e il papà potrà prendere i soldi per andare al supermercato; se invece nel conto c’è una somma superiore, Agenzia Entrate Riscossione può bloccare solo la parte che eccede detto limite. Ad esempio, se il saldo del conto è di 10mila euro, il fisco può bloccare 10.000-1345,56 euro, ossia 8.654,44 euro.

Invece per tutti gli altri conti correnti, come ad esempio quelli di lavoro autonomo, di professionisti o anche di dipendenti su cui però confluiscono altri guadagni (ad esempio canoni di affitto) il pignoramento può essere integrale.

 

 

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